La fresella (o frisa, spaccatella, spaccatedd’, frisella nelle varie varianti pugliesi), è un tarallo di grano duro, cotto al forno, tagliato a metà in senso orizzontale e fatto biscottare nuovamente in forno. Prima del dopoguerra, la frisella di farina di grano era riservata alle sole tavole benestanti e alle poche altre occasioni celebrative. I ceti meno abbienti consumavano friselle di farina di orzo o di miscele di orzo e grano. La frisella può essere conservata per un periodo lungo e questo la rendeva una valida alternativa al pane, nei periodi in cui la farina era più scarsa. In Puglia è nota anche come il pane dei Crociati giacché favorì il vettovagliamento e il viaggio delle truppe cristiane. In passato, in Puglia, si usava bagnare le friselle direttamente in acqua di mare e consumarle condite con solo pomodoro fresco, premuto per far uscire il succo.
A Bari e circondario le friselle sono spesso preparate in casa pur essendo vendute nei negozi: inzuppate d’olio, di acqua, sugo di pomodoro e un filo di vino quindi condite con carciofini e lampascioni sono una pietanza gradita ai buongustai. In dialetto barese è definita con il termine di cialdèdd’ , italianizzato in cialdella o anche cialda.
A Napoli, invece, la frisella è la base della caponata, fatta con pomodoro a pezzetti, aglio, olio, origano e basilico su una fresella bagnata. Una versione più ricca prevede l’aggiunta di aglio sminuzzato, olive nere e bianche, tonno oppure alici sotto sale.
Impastare 400 gr di farina 00 con 10 gr di lievito di birra sciolto in 250 ml di acqua tiepida, dopo qualche minuto aggiungere anche un cucchiaino di sale. Deve essere un impasto morbido ed omogeneo. Coprire con canovaccio e lasciar lievitare 2 ore. Trascorse le 2 ore, dividere l’impasto in 5 parti e con ogni pezzo formare dei cordoncini che poi andranno chiusi a ciambella. Mettere le ciambelle su una teglia con carta forno e far lievitare un’ora. Poi, cuocere in forno già caldo a 175 gradi per 20 minuti.
Annamaria Leo
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