CASTAGNACCIO TOSCANO


Il castagnaccio Toscano è un tipico dolce autunnale che si prolunga anche per l’inizio dell’inverno fino alla disponibilità delle castagne, un piatto povero di origine contadina, le prime notizie di questo dolce risalgono al 1500.
Era definito “il pane dei poveri” perché, a differenza di oggi, le castagne e la farina che ne deriva costavano davvero poco.
Le massaie allora dovevano ingegnarsi per rendere la farina di castagne appetibile e diversa, così fino ad arrivare a creare il castagnaccio costituito solo di farina, acqua, olio e rosmarino.
Si racconta che Pillade da Luca è stato il primo a mangiare “castagnazzi”. Pare però che solo intorno all’Ottocento il dolce fosse esportato dalla Toscana e che da allora la farina venisse mescolata anche con uvetta, pinoli, noci ed aghi di rosmarino.
Curiosità: si diceva che gli aghi di rosmarino usati nel castagnaccio fossero un filtro d’amore, il ragazzo che avesse mangiato il dolce offertogli da una fanciulla si sarebbe innamorato di lei e l’avrebbe sposata.
Anche il grande Pellegrino Artusi ne parlava in “la scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” chiamandolo migliaccio di farina dolce volgarmente detto castagnaccio: “Anche qui non posso frenarmi dal declamare contro la poca inclinazione che abbiamo noi Italiani all’industria. In alcune province d’Italia non si conosce per nulla la farina di castagne e credo che nessuno abbia mai tentato d’introdurne l’uso; eppure pel popolo, e per chi non ha paura della ventosità, è un alimento poco costoso, sano e nutriente.
Artusi spiega ancora che le castagne sono state per lunghissimo tempo alimento base della gente di montagna: la polenta di farina di castagne, semplice o condita con salsiccia, fagioli, formaggio e così via, ha sfamato intere generazioni.
Nell’Appenino tosco-emiliano si cuocevano tra due ferri delle focaccine, dette “patolle”, mentre a Bologna su una piastra caldissima e si vendevano per strada con il nome di “mistocchine”.
In Toscana invece con la farina di castagne si cucinava una specie di pane chiamato “pattona” o “polenda”; e il “neccio”, piccola pattona cotta tra due testi caldi.
L’ideale sarebbe una teglia di rame bassa come vuole la tradizione ma non tutti l’abbiamo! Io ho usato quella di ferro che utilizzo per la pizza.
Ingredienti
– 100 gr di uvetta
– 500 gr di farina di castagne
– 640 gr di acqua
– 100 gr di pinoli
– un goccino di rum
– aghi di rosmarino quanto bastano
– un pizzico di sale
– olio evo quanto basta
Preparazione
Prima di tutto mettere in ammollo l’uvetta con un po’ di acqua e un goccino di rum per 15-20 minuti: toccando l’uvetta ci si accorge che è pronta perché morbida.
Scolarla quindi e tenerla da parte.
In una ciotola mettere la farina di castagne con l’acqua e mescolare bene con una frusta a mano.
Unire anche la metà dell’uvetta, la metà dei pinoli, il pizzico di sale, un po’ di aghi di rosmarino e un filo di olio evo ed amalgamare tutto.
Ungere una teglia con olio evo e versarci il composto.
Aggiungere in superficie la restante uvetta e i restanti pinoli, ancora qualche ago di rosmarino e un filo di olio evo.
Cuocere in forno già caldo a 190 gradi per circa 35 minuti.
Se vi fa piacere seguitemi sulla mia pagina instagram cuciniamobyanna (le ricette di Anna).
Annamaria Leo

Nessun Commento

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

20 − 14 =

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Precedente San Silvestro e Capodanno tra natura, gusto d’eccellenza, cultura e storia
Successiva E adesso basta mangiare… si va a camminare!

Articoli Suggeriti

A ROMA TERMINI E NAPOLI CENTRALE LE OPERE DEGLI STUDENTI DELLE ACCADEMIE DI BELLE ARTI

Calcio: il campionato riparte a giugno?

PREMIO CONVIVIUM DESIGN, III edizione. Oggi la premiazione

QUATTRO PASSI … nei Quartieri Spagnoli, dalla nascita Vicereale alla “Speranzella”

Pallavolo, Gaia Energy Napoli in trasferta a Gaeta