“Arte e Calici di Solidarietà”, un apericena all’Anfiteatro di Avella


Stasera, all’Anfiteatro di Avella: “Arte e Calici di Solidarietà”, apericena organizzato dall’Associazione VESEVO, per i Leon di Palma Campania (giovani dei Lions). L’evento è finalizzato a sostenere, attraverso la donazione di parte degli incassi, le attività dell’associazione Maya, che si occupa di fornire supporto alle donne vittime di violenze, associazione del CAV diocesano. Campo dei giochi e dei sanguinosi combattimenti tra gladiatori, antichissimo testimone di grandi avvenimenti, storie memorabili, l’Anfiteatro Romano di Avella è indiscusso e maestosi protagonista della basta Area Archeologica, nei pressi del centro abitato del quartiere San Pietro. L’associazione VESEVO promuove eventi a sfondo sociale. Ne fanno parte artigiani che creano complementi di arredo, manufatti artistici come souvenir, bomboniera, gadget, bomboniere, ecc. Per svariate occasioni e finalità. Prevalentemente, VESEVO organizza incontri: in essi arte e socialità si armonizzano, complici luoghi prestigiosi e rappresentativi del vasto e prezioso territorio della Campania, in un mix di Arte Cultura Food ben dosato. Ultimo il ordine di tempo, l’incontro che si è svolto nelle incantevoli basiliche poliocristiane di Cimitile, mirato all’ informazione medica. In essi, i convenuti hanno avuto l’opportunità di visitare ed apprezzare i significativi monumenti storici. Nell’occasione si è parlato degli ultimi ritrovati nell’ambito del settore salute. L’apericena in calendario stasera, prevede una imperdibile visita guidata al Castello di Avella e all’anfiteatro. Quindi, le degustazioni dei vini di Cantine Mediterranee e Tenuta Di Costanzo, accompagnate dalle prelibatezze di un artigiano del posto, Imperium, che non mancheranno di conquistare i palati dei partecipanti.

L’appuntamento odierno curato da VESEVO, oltre all’importante fine solidale, è dunque pure una valida occasione per ammirare nei dettagli un vero e proprio museo a cielo aperto rappresentato dall’Area Archeologica dell’Anfiteatro Romano di Avella, in cui è possibile rivivere la gloria della Roma imperiale. Un sito molto importante e di indubbio interesse storico, tra i più antichi della Campania, che viene rapportato a quello di Pompei, più che per le sue dimensioni contenute rispetto al maggiormente (60 metri di lunghezza e 35 di larghezza) per materiale e tecnica di costruzione in opus reticolatum di tipo giallo.

Edificato in età tardo-repubblicana, nel primo secolo a.C, all’estremità del decumano maior (ora corso Vittorio Emanuele), poggia a sud-est su resti di mura sannite, a nord-ovest su un pendio naturale. Come raffigurato in una base onoraria del 170 d.C., attualmente conservata all’ingresso principale del Palazzo Baronale, in Piazza Municipio, all’epoca larghe gradinate, ima, media e summa cavea, cingevano un’arena situata ad un livello inferiore rispetto il restante piano di calpestio. Sono visibili le prime due cavee, inferiore e centrale, e pure alcuni sedili in tufo. Piche tracce restano della summa cavea, superiore. In origine, si entrava nell’ arena attraverso due accessi: la “porta triumphalis” e la “porta libitinensis”. Dalla porta della vittoria scendevano le massime autorità a bordo di una biga, tra l’acclamazione della folla; si fermavano al centro dell’arena e poi salivano sul podio; da lì potevano assistere con ottima visuale allo spettacolo. Invece, dalla seconda, venivano trasportati via i moribondi dei combattimenti e i vinti. Una terza porta più piccola consentiva l’accesso ad un tempietto dedicato a un dio, a cui i gladiatori si rivolgevano prima di scendere nell’arena. 

Altrettanto interessante è il complesso monumentale del Castello di Avella, chiamato anche di San Michele (superficie interna circa 2mila mq), posto in posizione strategica di assoluto controllo del territorio, a guardia di un itinerario naturale che attraverso il passo di Monteforte Irpino collega la pianura campana con la valle del Sabato e conduce in Puglia e verso la costa dell’Adriatico. L’imminente Rocca risalirebbe al periodo normanno (XI-XII secolo) come datato attraverso saggi esplorativi condotti nel 1987, mirati ad un intervento di restauro. Opere di ristrutturazione risalgono al XIII secolo. Campeggia su una collina dai fianchi scoscesi, m 320 s.l.m., a destra del fiume Clanis, sui rilievi che bordano la pianura campana ad est, protetto dalla barriera naturale che separa il comprensorio avellano-baianese dalla Valle Caudina, costituita dai monti di Avella. È dominato dalla mole di una torre cilindrica su base troncoconica saldata alle imponenti strutture del donjon. Due cinte murarie si sviluppano a diversa quota e cingono le pendici del colle, ricongiungendosi alla base della rocca, sul lato settentrionale. La prima cinta, di epoca longobarda, ha una pianta ellittica e abbraccia una superficie di circa mq 10.000; del circuito si conservano dieci semitorri di cui una è inglobata alla base dell’angolo settentrionale del donjon, cinque sono a sezione troncoconica e quattro di forma troncopiramidale. La seconda cinta, a pianta poligonale, prevede una porta carraia nell’angolo sud-orientale e nove torri: otto quadrangolari ed una all’angolo sud-ovest, a pianta pentagonale. Resti di numerose abitazioni si trovano nell’area compresa tra le due cinte murarie, in forte pendio verso sud. L’unico edificio conservato in elevato è una grande cisterna a pianta rettangolare, all’interno della cinta muraria interna. Il maniero costituisce uno dei complessi medievali più rilevanti della Campania, dal punto di vista monumentale, eppure solo recentemente, grazie alla disponibilità di finanziamenti destinati alla realizzazione di un parco archeologico, è stato oggetto di esplorazione sistematiche, condotte tra il 2000 e il 2001 dalla Soprintendenza peri Beni Archeologici delle province di Salerno, Avellino e Benevento, prevalentemente sulla rocca, per definirne lo sviluppo planimetrico e tracciare una prima periodizzazione delle sue fasi di occupazione, su basi stratigrafiche. La leggenda che riguarda il castello, narra di due giovani, Cofrao, un principe persiano, e Bersaglia, una contadina, i quali, ostacolati nel loro amore per le umili origini della ragazza, scapparono dalle terre natie per rifugiarsi appunto ad Avella, dive furono ben accolti dalla popolazione locale e lì decisero quindi di edificare il maniero, tuttora simbolo del territorio.

 

TERESA LUCIANELLI

 

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