Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi: mostra – omaggio a Pietro Testa


“Uno de’ più eccellenti, e più infatigabili disegnatori, che avesse mai l’età nostra; fu Pietro Testa pittore, e intagliatore”: quando scelse questo incipit per la sua Vita di Pietro Testa nel Cominciamento e progresso dell’arte d’intagliare in rame del 1686, Filippo Baldinucci mostrava di parlare a ragion veduta.
All’artista-filosofo seicentesco, allievo di Pietro da Cortona, amico di Poussin e Mola, che perseguì sempre il tentativo di dare espressione a concetti universali, intrisi di sottili riferimenti autobiografici, il Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi vuole oggi rendere omaggio, in dialogo col suo conservatore seicentesco, Filippo Baldinucci, che fu tra i primi a inserire Pietro Testa nel novero degli artisti più rilevanti per la storia dell’incisione, promuovendo l’incremento dei fogli nell’antico nucleo collezionistico del cardinal Leopoldo de’ Medici.
Per questo la Direzione del Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi venerdì 7 giugno inaugura la mostra Pietro Testa, artista filosofo del Seicento, che resterà visibile fino all’8 settembre. Attraverso una quarantina di suoi lavori, l’esposizione curata da Marzia Faietti insieme a Maria Elena De Luca ricostruisce la parabola artistica del disegnatore e incisore lucchese, interrottasi prematuramente a soli 38 anni, probabilmente a causa di un suicidio.
Nato a Lucca nel 1611, Testa era molto considerato alla corte medicea: tant’è che ben 14 suoi disegni nel 1675 sono quantificati da Baldinucci nella collezione del cardinal Leopoldo e inseriti nella famosa Listra de’ Nomi de’ Pittori, di mano de’ quali si hanno Disegni, nucleo originario dell’attuale raccolta demaniale degli Uffizi.
Soprattutto nella sua vasta produzione di disegni e incisioni (prevalentemente ad acquaforte), di altissima qualità, sfruttando le potenzialità del mezzo grafico, Testa mostrò la sua predilezione per tematiche filosofiche, allegoriche o morali, di chiara matrice classica.
Divisa in cinque sezioni, la mostra si snoda attraverso le diverse fasi della sua carriera artistica per chiudersi con uno dei temi su cui si soffermò maggiormente Testa, quello del suicidio, a testimonianza dell’inclinazione pessimista che lo attanagliò specie negli ultimi anni: Camma, Catone e Didone sono gli eroi classici a cui si ispira. La morte di Didone, in particolare, di cui la Galleria degli Uffizi possiede anche il dipinto corrispondente – attualmente nelle sale di accoglienza -, fu tanto apprezzata nell’ambiente mediceo che furono collezionati diversi studi preparatori, nonché un’acquaforte incisa dal nipote di Pietro, Giovanni Cesare. Inoltre un’interessante variante del soggetto, esposta ora al centro della sala, era tenuta in tale considerazione da figurare nella ricca quadreria del Gran Principe Ferdinando, incorniciato accanto a pochissimi altri disegni ascritti a Raffaello e al Correggio, ad esempio. A dimostrazione che almeno fino al primo quarto del XVIII secolo la maestria di Testa era ritenuta pari a quella di altri artisti di consolidata fama.
Con questa mostra la Direzione del GDSU vuol restituire all’artista, almeno parzialmente, quella grande stima che si era guadagnato soprattutto con la sua produzione grafica, acutamente compresa – a suo tempo – dal giudizio critico di Baldinucci.
Da segnalare, infine, che la mostra scaturisce da un progetto di ricerca promosso dal GDSU in collaborazione con l’Istituto Nazionale della Grafica di Roma, con l’impiego di tutte le giovani professionalità interne – dell’Istituto diretto da Marzia Faietti come di altri settori del Polo – che sono state impegnate a ogni livello – organizzativo, tecnico e scientifico – per la realizzazione dell’esposizione.

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