Venezia: Wunderkammer Studi, scoperte, restauri per il ‘‘Grande Correr’’


Manufatti veneziani in avorio e cristallo, smalti romanico-gotici di Limoges, oreficerie da Costantinopoli, avori gotici francesi, strumenti di straordinaria complessità meccanica tedeschi, smalti e maioliche, cammei e gemme preziose antiche o rinascimentali. E poi lussuosi metalli ageminati islamici, arazzi delle fiandre, bronzetti rinascimentali, mobili di pregio, codici miniati tra i più preziosi della Biblioteca Correr e dipinti, che sono stati oggetto in questi ultimi anni di sorprendenti scoperte, come quelle – recentissime – d’inediti di Vittore Carpaccio e Lorenzo Lotto. Saranno oltre 300 le opere delle ricchissime collezioni civiche veneziane inserite nel percorso espositivo del Museo Correr, in nove sale del primo piano, oggetto di uno specifico allestimento, curato da Andrea Bellieni, a rievocare il fascino di una possibile “Wunderkammer” lagunare. Di queste, ben 260 escono direttamente dai depositi, esposte e portate all’attenzione e al godimento del pubblico quasi tutte per la prima volta, dopo un secolo di ‘nascondimento museale’: finalmente riconosciute nel loro reale valore o proposte agli studiosi per un più aggiornato giudizio. Un’operazione importante, promossa dalla Fondazione Musei Civici di Venezia, che rivela innanzitutto i risultati della silenziosa e continua opera di catalogazione, studio e restauro delle raccolte condotta dai suoi conservatori e responsabili, in sinergia con le Soprintendenze e i contributi scientifici di studiosi e specialisti internazionali, il concorso della Regione del Veneto e il supporto anche di generosi sponsor privati. Un’iniziativa che, nel contempo, aggiunge un tassello ulteriore – dopo il recente restauro delle cosiddette Stanze di Sissi del Palazzo Reale – al programma di recupero e valorizzazione patrimoniale e al progetto di revisione dell’ordinamento e dei percorsi del Museo affacciato su Piazza San Marco, in vista di quello che la stampa francese ha già rinominato il “Grande Correr”.

Così, sotto l’egida di colui che è stato l’artefice del nucleo iniziale e più rilevante delle raccolte civiche veneziane, Teodoro Correr – ricordato nella prima sala con il ritratto e i disegni del suo palazzetto sul Canal Grande a San Zandegolà, zeppo d’opere e documenti – si dipana dinnanzi ai visitatori una sorta di “collezione delle meraviglie”, intima ragione aggregante di manufatti così disparati nelle raccolte sette-ottocentesche del nobile veneziano. Opere e oggetti che per lo più si trovavano già a Venezia da vari secoli: parte di tesori ecclesiastici o civili poi smembrati, raffinati oggetti d’uso nelle case di mercanti e viaggiatori medievali, colte e preziose meraviglie negli studioli umanistici, simboli di un lusso raffinato tutto veneziano, nei palazzi patrizi. Comunque e sempre testimonianza evidente di una città cosmopolita, crocevia di popoli, culture e religioni che potevano dialogare e confrontarsi, straordinario ponte tra Oriente e Occidente. Tra le tantissime curiosità, in una sala interamente dedicata a oggetti d’arte sacra troviamo, oltre a uno straordinario dente di narvalo figurato, realizzato proprio a Venezia, due dei quattro bellissimi arazzi provenienti da Santa Maria degli Angeli a Murano, modernamente “inediti” ma tra i più antichi in laguna (inizi del Cinquecento), probabilmente realizzati ad Arras su commissione veneziana come dimostrerebbero i tanti stemmi patrizi. Ancora: un grande leggio metallico prodotto nelle Fiandre per un monastero dell’Egeo e salvato dalla distruzione mussulmana da Francesco Morosini, che lo condusse in patria affidandolo al convento domenicano dei Santi Giovanni e Paolo, e una Madonna con il Bambino in trono e Angeli attribuita alla bottega veneziana e, forse, all’intervento di Gentile da Fabriano. I gusti e le mode veneziane, alimentate dai racconti e dalle merci preziose di mondi lontani, rivivono nelle case dei mercanti e in oggetti singolari, come i brucia-profumi islamici a forma di sfera rotolabile sui tappeti, gli scacchi scandinavi, gli avori gotici francesi (bellissime le valve di custodia per specchio con “castello d’amore” o scene cortesi) o della bottega veneziana tre–quattrocentesca degli Embriachi, superbi e raffinati per gli intagli. Anche la raccolta dei dipinti Correr provenienti da precedenti antiche collezioni, con la varietà delle sue presenze, registra con viva immediatezza i gusti e le diverse preferenze dei veneziani in quel momento, nonché i possibili stimolanti riferimenti per gli artisti locali. Proprio il lavoro d’analisi e restauro svolto di recente sui dipinti del Correr, specie quelli finora trascurati e conservati nei depositi, ha riservato verifiche interessanti e scoperte clamorose. Superba è infatti la sala che riunisce ed espone, per la prima volta, un piccolo e inedito Dio padre di Lorenzo Lotto, uno straordinario quanto problematico Ritratto di Ferrante d’Avalos che la tradizione voleva addirittura di Leonardo – già analizzato senza esito dagli studiosi, poi dimenticato e ora riportato all’attenzione dopo il restauro – uno struggente disegno con Sant’Anna di Dürer e, soprattutto, tre recenti attribuzioni a Vittore Carpaccio, opere fondamentali per chiarire la sua fase giovanile e i suoi riferimenti pittorici: una Madonna con il Bambino (1487 ca.) che col restauro ha rivelato la firma VETOR SCHARPACO OPV, una Pietà (1487-’90 ca.) di straordinaria intensità emotiva e poetica, riscoperta e attribuita pochi mesi fa da Giorgio Fossaluzza e l’eccezionale Ritratto del doge Leonardo Loredan (1505 ca.), che ormai la critica prevalente riconosce alla mano del grande artista.

Ci sono poi, nel percorso di questa sorprendente wunderkammer, dipinti su tavola di provenienza nordica, come il pregevole Salvator Mundi assegnato a Quentin Metsys e bottega (1495 ca.) o la tavola con scene della passione di Cristo su verso e recto, riconducibile a un pittore renano dell’ambiente di Martin Schongauer; quadri singolari ancora da approfondire (il Ritratto di Gabriele Venier di ascendenza incerta tra Catena a Cariani, quello di Marco Pasqualigo realizzato da Domenico Tintoretto o il curioso Ritratto di Bernardo Bergonzi che parrebbe opera del bolognese Prospero Fontana). Ci sono rarità come il bracciale “porta sali” fatto con semi d’albicocca e testimonianze della passione e del gusto per l’Antico tra i colti patrizi veneziani del Cinquecento, rappresentate da monete e gemme greche o romane e dalle loro riproduzioni rinascimentali: corniole, cammei, cristalli di rocca, agate, tra le quali vale la pena ricordare anche il cammeo del II sec. a.C. raffigurante una Civetta e altri animali, adattato a fermaglio di bracciale e spilla, che si dice sia appartenuto a Maria Antonietta di Francia. I magistrali metalli realizzati a Venezia da Orazio Fortezza, le posate in cristallo di rocca e argento, lo spettacolare Stipo Venier di provenienza tedesca – in ebano con intarsi di legni vari, pietre dure e vetri colorati (prima metà del XVII secolo) – un analogo stipo architettonico fiorentino, i preziosi altaroli-reliquari per la devozione privata si affiancano, nella Wunderkammer Correr, a nuclei espositivi d’eccezionale importanza e valore artistico come il Servizio Correr, realizzato nel 1520 ca. da Nicola da Urbino, capolavoro della maiolica rinascimentale tra i più noti e importanti in assoluto. Notevole anche la selezione di bronzetti e placchette, che mostra opere delle officine di Padova e Venezia dalla seconda metà del Quattrocento al primo Seicento, con i grandi nomi della produzione bronzistica e le loro botteghe: Andrea Briosco detto il Riccio, Savero Calzetta da Ravenna, Alessandro Vittoria – suo il battente di porta (‘picchiotto’) con Nettuno e cavalli marini – Girolamo Campagna, Tiziano Aspetti. Tra le medaglie spiccano noti esemplari di rara qualità dovuti a Pisanello, Matteo de’ Pasti, Gentile Bellini. Prima di lasciare le sale, lo sguardo corre su alcune immagini della città: l’Arrivo a Venezia di Ercole I d’Este duca di Ferrara, 1487 attribuito a Lazzaro Bastiani, la grande xilografia di Tiziano Vecellio che rievoca la sommersione del Faraone nelle acque del Mar Rosso in una dimensione chiaramente lagunare e quella che è forse la più nota veduta prospettica a volo d’uccello di Venezia Venetie MD – la xilografia di Jacopo de Barbari degli inizi del XVI secolo, composta da sei fogli di carta giuntati – esposta in questa occasione accanto alle corrispondenti matrici xilografiche su tavole in legno di pero, straordinariamente acquisite e conservate proprio da Teodoro Correr.

Museo Correr, Venezia
percorso museale del primo piano
Dal 17 Aprile 2013
Vernice stampa: martedì 16 aprile ore 12:00
Saranno presenti: Gabriella Belli, Andrea Bellieni e Giorgio Fossaluzza

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