Caso Aldrovandi, carcere anche per il quarto Poliziotto


Carcere anche per il quarto poliziotto, Enzo Pontani, condannato per l’eccesso colposo a seguito del decesso di Federico Aldrovandi, il 18enne morto nel settembre 2005 in un parco pubblico a Ferrara durante un controllo di Polizia. Lo ha deciso il Tribunale di sorveglianza di Bologna, che ha respinto la richiesta dell’affidamento ai servizi sociali (ed in subordine dei domiciliari) presentata dai difensori dell’Agente.

La decisione dei magistrati ha riguardato i sei mesi di pena residua rimasti a Pontani e agli altri tre colleghi coinvolti nel caso dopo la pronuncia della Corte di Cassazione. Per gli altri tre Poliziotti, Paolo Forlani, Monica Segatto e Luca Pollastri, le istanze di pene alternative al carcere erano già state respinte. “Nessuna meraviglia di questa decisione già scritta – commenta Franco Maccari, Segretario Generale del Coisp, Sindacato Indipendente di Polizia -, da quando in Italia si è stabilito che la legge non è uguale per tutti, ma che i Poliziotti debbano essere trattati più severamente perché devono scontare la colpa di vestire la divisa. Abbiamo sempre detto che rispettiamo la sentenza, ma che non condividiamo l’accanimento contro Operatori che sono intervenuti perché la loro presenza si era resa necessaria, e che non hanno voluto il dramma che si è verificato. Non si tratta affatto dei mostri che qualcuno vuol dipingere, ma di Poliziotti come gli altri, che non si tirano indietro quando c’è da svolgere un intervento, neppure se dei più delicati, come quello in questione, o come tanti altri in cui ci troviamo di fonte a persone alterate che reagiscono, e che possono avere Dio sa quale problema senza che noi possiamo saperlo prima. I drammi con cui ci confrontiamo sono tanti, fanno parte della nostra vita, una vita che la maggior parte delle persone non conoscono e non dovrebbero giudicare, specialmente in base a giudizi spietati, strumentali, fasulli”.

“I Poliziotti non si considerano affatto al di sopra della legge – insiste Maccari -, il loro compito è farla rispettare. Ed è proprio per questo che restiamo basiti di fronte a trattamenti come quello riservato a Enzo, Paolo, Luca e Monica. In Italia praticamente nessuno va in carcere per contestazioni di natura colposa. C’è una differenza ben precisa tra volere un evento e non volerlo, ed anche se rispettiamo il profondo dolore del lutto altrui, non accettiamo che la verità venga stravolta per alcun motivo, scatenando oltre tutto odio e violenza, questi sì preordinati e voluti, contro chi svolge il più difficile dei lavori. I più recenti provvedimenti stabiliscono che non si debbano scontare in cella pene basse come quella che restano ai nostri colleghi, ed è quindi più che lecito chiedersi perché mai sono dietro le sbarre? Renderli il bersaglio per tanti strumentali attacchi che prescindono completamente dalla tragica morte di un ragazzo è una cosa inaccettabile e irresponsabile”.

“Noi adesso – conclude Maccari – possiamo solo dire che sapendo come stanno le cose manifestiamo ancora con tutta la nostra forza la nostra vicinanza ai colleghi, e ovviamente attendiamo con ansia che tornino a lavoro”.

Co.I.S.P.

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