POSITANO TEATRO FESTIVAL: piazzetta della Chiesa Nuova, in scena I Cani e i Lupi


Domenica 6 agosto, alle 21,00, nella Piazzetta della Chiesa Nuova, dopo il debutto all’ultima edizione del Napoli Teatro Festival, è andato in scena lo spettacolo nell’adattamento, regia e musiche di Paolo Coletta “i Cani e i Lupi”, tratto dall’omonimo romanzo di Irène Nèmirovsky, con Martina Carpi, Salvatore D’Onofrio, Giacinto Palmarini ed Annalisa Renzulli.

Stati Teatrali

I CANI E I LUPI

dal romanzo omonimo di Irène Némirovsky

con

Martina Carpi Laurence

Salvatore D’Onofrio Ben

Giacinto Palmarini Harry

Annalisa Renzulli Ada

scene Luigi Ferrigno      costumi Zaira De Vincentiis

drammaturgia, musica e regia

Paolo Coletta

                                                                                                                     Paolo Coletta prosegue la sua esplorazione all’interno della coppia, prendendo questa volta a prestito un capolavoro della letteratura del secolo scorso.

Dopo “Interno familiare” di Anna Maria Ortese, “Fiori giapponesi” di Raffaele La Capria, e l’opera lirica “Il canto dell’amore trionfante” di Ivan S. Turgenev, la scrittura di Irène Némirovsky diventa lo spunto per una messinscena intensamente romantica. L’indagine sulle complesse dinamiche che governano l’amore e il disamore attraversa le vite di due uomini e due donne legati da un destino straziante.

Kiev, 1914. La piccola ebrea Ada capisce che il cugino ricco Harry è l’unico amore della sua vita. Molti anni dopo si rincontreranno a Parigi, disperatamente attratti l’uno dall’altro.

Ada è diventata un’artista ribelle, Harry un ricco banchiere. Lei ha sposato Ben, il cugino “selvaggio”, lui Laurence, discendente di un’antica famiglia di banchieri francesi. Nulla però sembra poterli più unire, se non il sentimento della loro stessa perdita.  Intriso di malinconia, questo romanzo sull’infanzia e l’innocenza perduta è un capolavoro della letteratura di una delle più grandi scrittrici del ‘900.

All’incrocio tra cultura ebraica, slava e francese, e a metà tra parola parlata e parola cantata, la scrittura di Irène Némirovsky, trasformata in partitura scenica per quattro attori, continua a sorprendere con la sua modernità. Il Teatro si rivela ancora una volta utile a dar voce alle parole dette e pensate del romanzo, soprattutto a quelle che un personaggio non sa dire o non vuole dire, e che invece l’autrice chiarisce mirabilmente nel suo flusso di coscienza in terza persona.

Ne “I cani e i lupi” emerge ancora una volta lo sguardo impietoso dell’autrice sugli elementi tipici dei giudizi e pregiudizi sugli Ebrei, in questo romanzo scritto a soli due anni dalla morte ad Auschtwitz.
Irène Némirovsky, pur consapevole della pericolosità dei tempi, non può fare a meno di cogliere gli “umani, troppo umani” difetti di un modo di vivere e di essere, esemplificativi di una volgarizzazione in senso borghese dell’intera società, indicandoci il valore della libertà.

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